Recensione 63: “Waiting for the Barbarians”

In un’altra epoca della mia vita, durante una lezione di tedesco ad Hamburg, ho imparato la differenza fra ganz [tutto] e fast [quasi] – ovvero, non l’ho imparata affatto.
Discutevamo di quali libri potessero essere trasposti in film ed io ancora non so se volevo dire che ganz o fast film possono essere trasposti.
Ieri sera, guardando “Aspettando i Barbari” di Ciro Guerra, credo di aver capito la risposta. Assolutamente tutti i libri possono essere trasposti in film, quasi tutti possono essere trasposti bene.
Ad ora, non ho ancora deciso in quale estremo dello spettro ricada il film di Guerra.

Aspettando i Barbari” e’ in se’ una trasposizione abbastanza fedele, piuttosto ben recitata dai tre protagonisti, interessante e di discreto intrattenimento. Eppure, sono uscito dalla visione con un gusto indefinito in bocca, non una piena soddisfazione, non una delusione.
Sono quasi certo che questa percezione sia dovuta al fatto di aver letto il libro di Coetzee pochi mesi fa: continuavo a cercare nelle immagini del film, quelle del libro.

Il film di Guerra mi offre l’occasione per una riflessione collaterale, ma non secondaria. Il libro di Coetzee e’ di meno di 200 pagine, mentre il film (escludendo i titoli di coda) si svolge per circa 1:50 ora (110 minuti). Con una comparazione a spanne (che certo fara’ storcere il naso ai puristi), possiamo dire che ogni pagina del film occupava poco meno di un minuto sullo schermo. Ovvero, che rappresentare visivamente quel che veniva rappresentato letterariamente nel libro in una pagina richiede approssimativamente un minuto. E Guerra ha dovuto tagliare non poche scene presenti invece nel libro.
Questo, credo, ci da’ un’idea della densita’ della letteratura di Coetzee.
Ovviamente non ho idea se un simile raffronto sia stato fatto da altri per altri film o libri.

Torniamo al film.
Innanzitutto, gli attori: personalmente, pur non avendo il physique du role descritto da Coetzee, ho trovato Rylance piuttosto efficace nell’impersonare il protagonista / narratore. Molto efficace nella prima parte, fino all’incarcerazione, poi -come tutto il film- la vividezza del testo di Coetzee, la sua graffiante riflessione, mi pare si sia un po’ persa.
Depp non mi ha convinto nel ruolo del colonnello Joll, mi e’ parso mancare di quell’arroganza e di quel fanatismo che il personaggio richiede. Meglio Pattinson nel ruolo di Mansell, almeno a tratti. Ma, parere mio, nel testo Joll gioca un ruolo assai piu’ importante.

La storia, poi: Guerra cerca di essere fedele al libro, ma deve tagliare non poco. Se nella prima parte (le lunghe sedute del magistrato con la prigioniera) la cosa non influisce troppo sullo sviluppo della trama e sulla sua percezione, nella seconda parte scompaiono passaggi importanti. Troppo importanti per essere omessi con tanta facilita’: la prigionia del protagonista e’ ridotta a pochi momenti, mentre si dovrebbe protrarre per mesi; cosi’ come l’estasi violenta e guerriera della campagna militare e i tormenti successivi (la partenza dei soldati, gli sfollati – completamente omessi). Seppur difficili, in quelle pagine si gioca, a parere mio, il nucleo del testo di Coetzee.
E’ in quello sviluppo vissuto ed osservato attraverso l’esaltazione e la disperazione della violenza che Coetzee lancia la sua critica piu’ fulminante. Ometterlo, secondo me, ha fortemente ridotto la profondita’ della narrazione. Questa evoluzione della violenza, del rapporto dell’uomo con essa, gioca una parte fondamentale nel testo – almeno per me, e’ il messaggio del testo. Purtroppo il film di Guerra sembra coglierlo solo a tratti. Vedasi la scena di Mansell quando gli viene chiesto come riesce a mangiare – un lampo, ma troppo breve, troppo isolato per farci sentire la tempesta; Coetzee, al contrario, pare guidarci attraverso quella tempesta.
Il tempo, probabilmente, ha giocato contro Guerra e la trasposizione del libro. Ma un bravo regista non dovrebbe essere bravo proprio a selezionare cosa trasporre? (Perche’, ad esempio, dedicarsi alla scena della rasatura del protagonista – specie se non si e’ scavato prima nella sua prigionia?)

Non ha caso, la maggior parte delle recensioni concorda con questo giudizio misto.
Un peccato. Peccato, specie considerando l’abilita’ che Guerra aveva mostrato in altri lavori – come “Birds of passage“: snervante nella sua rappresentazione della discesa fra errori tattici, arroganza e corruzione, implacabile, eppure a suo modo accattivante, capace di catturare lo spettatore.
Qualcuno riprovera’ ad affrontare la trasposizione del libro?

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